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Effetto cifra a sinistra: il marketing che ci inganna

(Ovvero: come un centesimo può valere milioni – e a volte anche il contrario.)



C’è una bugia a cui tutti crediamo volentieri. Non è quella dei politici. Non è quella di Babbo Natale. È quella che ci sussurra da un cartellino scritto a mano: €1,99. Sappiamo tutti che non è un euro, ma sono in pratica due. Sappiamo tutti che quel centesimo in meno non cambia nulla nel portafoglio. Ma nella nostra testa sì. Quel numeretto – così piccolo, così furbo – ci convince. Ci dice:"Dai, è meno di due euro. Prendilo. Non è una spesa, è quasi un regalo."

E noi, puntualmente, lo prendiamo.


Effetto cifra a sinistra: il cervello si ferma al primo numero

Questo meccanismo ha un nome: effetto cifra a sinistra. In inglese, left-digit effect. È una scorciatoia mentale: il nostro cervello, per semplificare, si concentra sulla prima cifra e prende decisioni in base a quella.

  • €1,99? Viene percepito come “uno”.

  • €2,00? Già “due”. Troppo.

È irrazionale, ma funziona. Perché il nostro sistema cognitivo è progettato per risparmiare energia, non per essere perfettamente logico. E quindi ci lasciamo ingannare. Volentieri.


Effetto cifra a sinistra

Dai centri commerciali… alla bottega sotto casa

Questo tipo di prezzo nasce nel mondo della grande distribuzione. Nei supermercati, nei centri commerciali, nei volantini patinati del “prendi 3, paghi 2”. Ma oggi lo trovi ovunque.

Anche nei piccoli negozi, nei mercatini, nelle attività di quartiere. Pane a €2,49, formaggi a €3,99, vasetti di marmellata a €4,95. Scritto con amore. Magari con il pennarello. Ma sempre con quell’aria da “offerta imperdibile” che, in certi contesti, fa un po’ strano. E spesso chi lo usa non sa nemmeno perché. "Lo fanno tutti.”

Già. Ma non sempre va fatto.

Prezzo tondo o prezzo psicologico?

La domanda vera è: Voglio sembrare conveniente… o voglio sembrare autentico?

Perché il prezzo non è solo una cifra. È un messaggio. Dice chi sei, cosa rappresenti, che rapporto vuoi avere con chi compra. I prezzi con i centesimi – 1,99, 2,49, 3,95 – comunicano:

  • Occasione

  • Velocità

  • Volume

  • Accessibilità

Funzionano se vendi a clienti frettolosi, con tanti concorrenti intorno e zero tempo per spiegare il prodotto.

I prezzi tondi – 2 euro, 5 euro, 10 euro – comunicano:

  • Solidità

  • Trasparenza

  • Semplicità

  • Identità

Funzionano quando il cliente vuole fidarsi, non solo risparmiare. Qualche esempio pratico:

  • Un vasetto di miele artigianale a €6,99?Rischia di sembrare un barattolo da scaffale. A €7,00 tondi, sembra un prodotto scelto, curato, che vale di più.

  • Un ristorante con piatti da €12,90 o €14,90? Fa “menu del giorno”. Ma se togli i centesimi e scrivi solo €13 o €15, guadagni in percezione, non solo in incasso.

  • Un professionista che fa consulenza e presenta un preventivo da €149,99?Sembra una televendita. Con €150, ispira sicurezza. E fiducia.



Il prezzo giusto non è furbo, è sincero

L’effetto cifra a sinistra funziona, sì. È una leva psicologica forte. Ma è nata per un mondo fatto di corsie larghe, carrelli pieni, scontrini senza relazione.

Nel mondo dei piccoli negozi, delle botteghe, degli artigiani, quel centesimo in meno non fa la differenza sul fatturato, ma rischia di farla sulla percezione.

Perché se il tuo valore sta nella qualità, nella storia, nella fiducia… allora usare i numeretti “furbi” può sembrare stonato. Posticcio. Da volantino del centro commerciale.

Chi entra nella tua attività, nella tua bottega, nel tuo mondo… non cerca un’offerta. Cerca una relazione.

E il prezzo, in questo caso, non deve convincere. Deve coerentemente raccontare. Se vendi prodotti industriali, su larga scala, in un contesto ipercompetitivo… ok, usa pure il €1,99. Fa parte del gioco.

Ma se vendi qualcosa che ha un’anima – fosse anche una pizza, un tagliere di salumi o un paio di orecchini fatti a mano –lascia stare i trucchetti. E sii vero.

Perché oggi, nel marketing, l’autenticità è l’unica vera offerta speciale.


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